Sentenza del 10 luglio 2018

Sentenza

TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA
SECONDA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti Magistrati:

dott.ssa Elisabetta Candidi Tommasi – Presidente

dott. Marco D’Orazi – Giudice relatore

dott.ssa Paola Matteucci – Giudice

riunito nella camera di consiglio;

all’esito dell’udienza del dieci luglio duemiladiciotto

10.07.2018

nel procedimento per reclamo iscritto al n. R.G. 8038/2018

promosso da

X, con il patrocinio dell’avv. Riccio Angelo, elettivamente domiciliato in via Farini 3, 40125 Bologna, presso il difensore avv. Riccio Angelo

(reclamante/i)

contro

FERROVIE EMILIA ROMAGNA SRL, con il patrocinio dell’avv. Caruso Marco, elettivamente domiciliato in via Foro Boario 27, 44122 Ferrara, presso il difensore avv. Caruso Marco

Y, con il patrocinio dell’avv. Gualdi Francesca e dell’avv. Foschini Paolo, via S. Vitale 40/3, 40125 Bologna, elettivamente domiciliata in via Don Minzoni 1, 40100 Bologna, presso il difensore avv. Gualdi Francesca

(reclamato/i)

ha emesso la seguente

ORDINANZA

Svolgimento del processo: il primo grado

Trattasi di reclamo, avverso ordinanza del giudice Giuliano, in materia possessoria. La ordinanza reclamata reca numero cronologico 4733 del 2018, in R.G. 17703 del 2017, emessa in data 17 aprile – 10 maggio 2018.

In primo grado, il signor X chiedeva al Tribunale di far cessare sia lo spoglio sia le molestie, a suo dire poste in essere dalla signora Y, nonché dalle Ferrovie Emilia Romagna s.r.l. (FER, in breve).

Premetteva di essere proprietario e possessore di area, di confine con le FER. Tale situazione di proprietà e possesso durava da moltissimi anni. Aggiungeva come, sul piano dominicale, tale fondo dovesse essere ritenuto libero dal peso di una servitù di passaggio. Infatti, con sentenza della Corte territoriale di Bologna, tale servitù di passaggio, invocata dalla signora Y, era stata ritenuta non sussistente (in riforma di sentenza di prime cure, che tale servitù aveva invece accertato). La sentenza è della Corte di Bologna, numero 337 del 2015 (R.G. 1528 del 2011), Pres. est. De Meo. Proseguiva il ricorso possessorio, affermandosi come, a seguito di tale sentenza, la parte X abbia iniziato esecuzione 612 c.p.c., sia per rimuovere vari manufatti della parte Y (campanelli; citofoni; ecc.), sia per la completa esecuzione della sentenza della Corte.

La signora Y continuava tuttavia a molestare il X.

La situazione peggiorava quando – sempre secondo il ricorso di primo grado – il 5 giugno 2017 la signora Y comunicava di avere avuto in concessione area dalle FER. Tale area era occupata da beni del X e, dunque, la signora Y avrebbe reciso alcuni alberi, tagliato la recinzione (nella parte a lei in concessione) e svolto altre attività, in relazione alla concessione di cui sopra.

Nel giugno del 2017, la signora Y poneva cartelli per comunicare l’inizio di tali lavori. Il X rispondeva, affermando che FER non avrebbe potuto concedere a Y alcunché; o, per meglio dire, non avrebbe potuto concederle consistenza maggiore di quella di cui già FER godeva. Con precedente lettera, FER aveva infatti confermato che la posizione della rete era esattamente sul confine. La concessione invocata da Y, invece, riguardava anche una parte di terreno intranea, rispetto a tale rete di confine; dunque, ad avviso del X, FER poteva sì avere conceduto parte del suo terreno; non però la parte interna alla rete, rete che era posizionata sul corretto confine.

Proseguiva il ricorso affermando come, nonostante questa diffida del X, fra giugno e luglio venissero effettuati lavori invasivi da parte della Y (si rinvia al ricorso). Il X protestava ancora la natura illecita di tali attività, sia con denuncia-querela, sia con diffida in novembre.

Riteneva il X che la avversa attività dovesse considerarsi spoglio e molestia al proprio possesso.

Conseguentemente, proponeva ricorso al Tribunale (giudice Giuliano).

Il ricorso assumeva il numero 17703 del 2017 R.G.

Si costituiva la signora Y.

Ricostruiva, in termini non identici la vicenda dominicale; affermava infatti come la sentenza della Corte non fosse integralmente eseguibile, in relazione ad alcuni punti. Inoltre, a suo dire, essa è in una situazione di totale interclusione.

In ogni caso, in relazione alla vicenda possessoria, la signora Y affermava di essersi rivolta a FER, per accertare il confine del terreno di proprietà FER; al fine di poter creare un nuovo accesso verso il suo appartamento. Il sopralluogo fu fissato il 29 giugno 2016 e ad esso furono invitati tutti i confinanti, incluso il X, che non vi partecipò. In quella sede, così proseguiva la signora Y, si perveniva ad accertare che l’area di proprietà FER s.r.l. è risultata di estensione maggiore dei confini fisici (rete) e non con essa coincidente.

In occasione di tale sopralluogo, si provvedeva dunque a picchettare la corretta estensione del fondo FER. A quel punto, la Y otteneva da FER concessione, relativa al bene (di maggiori dimensioni), come picchettato.

Osservava in diritto:

– Che era trascorso il termine per la azione possessoria, in ragione del fatto che, se spoglio vi fu, questo coincise con la data del picchettamento; essendo, le successive attività, normali consequenziali alla già avvenuta presa di possesso.

– Che il X non poteva invocare alcun possesso, ai sensi del combinato degli artt. 1145 ed 823 c.c.; essendo il bene di FER, che infatti non aveva locato il bene alla medesima Y ma operato con concessione.

– Che vi era altra ragione di inammissibilità.

Svolgeva ulteriori difese, cui si rinvia.

Si costituiva FER.

In fatto, riconosceva di avere in effetti inviato lettera al X, nel 2013. Tale lettera intendeva esclusivamente confermare che non vi erano ragioni di sicurezza, relativa alla rete. Non vi era in realtà alcuna ammissione che il confine fra i due fondi corresse sulla rete.

Sempre in fatto, aggiungeva, in linea con la difesa Y, che questa ultima aveva mostrato interesse per concessione di uso della porzione di terreno (pagina 5 della costituzione). Pertanto, si effettuava un sopralluogo il 26 giugno 2016, nel quale si appurava, che sussisteva una striscia di terreno non ricadente nella c.d. fascia di rispetto ferroviaria. Si apponevano dunque picchetti adeguati, in relazione all’accertata situazione.

In diritto, si rilevava che tale operazione di picchettaggio era anteriore di oltre un anno, rispetto al ricorso; questo era dunque tardivo.

Si sosteneva poi la carenza di giurisdizione, in favore del g.a. (pp. 8-10).

Con ordinanza, il giudice Giuliano rigettava la richiesta di parte ricorrente (ordinanza 17 aprile – 10 maggio 2018, menzionata sopra).

In breve, rigettava il ricorso sulla base della tardività dello stesso, cioè della principale difesa sia di FER sia di Y.

Si rinvia a tale provvedimento.

Svolgimento del processo: il grado di reclamo

Reclamava la ordinanza di primo grado il X.

Riteneva che l’apposizione di due picchetti non fosse sufficiente a rappresentare uno spoglio.

Dunque, individuava un vizio motivazionale rilevante, nella sentenza impugnata.

Si costituivano le altre due parti, che chiedevano la conferma del provvedimento di primo grado.

Il 10 luglio 2018, la causa veniva discussa innanzi al collegio, che assumeva in riserva la decisione.

Motivi della decisione

Il reclamo è infondato.

Va respinto.

Occorre premettere che questo collegio condivide integralmente l’apparato motivazionale della ordinanza reclamata. Parimenti, ritiene che sia da confermare il dispositivo e la decisione ivi adottata.

Va sgomberato il campo da tutte le questioni petitorie, siano esse relative al diritto di passaggio della signora Y (escluso da sentenza della Corte territoriale) siano esse relative ai rapporti di vicinato.

Va rilevato come sia anche irrilevante stabilire quale sia l’esatta delimitazione del bene, che la signora Y gode oggi in concessione.

Infatti, anche tale questione è puramente petitoria. Nel senso che, se il X ritiene che la zona data in concessione sia superiore a quella di proprietà di FER, potrà agire in petitorio. La questione è dunque irrilevante in questa sede. Va in ogni caso precisato che il documento 1 di primo grado, cioè la lettera del settembre 2013, non indica affatto che la rete è posta sul confine; non ha dunque alcuna portata confessoria, nemmeno sotto il profilo dominicale. Infatti, si parla di posizionamento “adeguato” della rete; inoltre, tale lettera non nasce spontaneamente ma su richiesta del X, come chiaramente dal testo. Essa non è dunque, in quel testo, significativa di alcunché, poiché il termine “adeguatamente” è piuttosto anodino. Occorrerebbe essere in possesso della richiesta del X; se questa avesse richiesto “se la rete creava problemi di sicurezza”, la risposta avrebbe il significato di un dato tecnico (la rete non crea problemi per la sicurezza); come pure se il X avesse chiesto che la rete consentiva la zona di rispetto. Naturalmente, se invece la richiesta del X era nel senso di chiedere se la rete cadeva sul confine, la risposta avrebbe allora il significato confessorio, che oggi pretende parte reclamante.

In ogni caso, tale profilo è comunque petitorio.

La domanda possessoria è infondata.

Lo spoglio è avvenuto alla data in cui furono apposti i picchetti.

Tutte le successive attività, pur di fatto, sono conseguenza di tale prima attività di interversione.

Dunque, la domanda del X è tardiva.

In altri termini, se vi è una attività qualificabile in termini di spossessamento, evidentemente tutte le successive attività non possono essere considerate nuove attività di spoglio o di molestia. Si tratta dello sviluppo e della conseguenza dell’originario atto. È noto che la giurisprudenza ritiene che, nel caso di atti teleologicamente orientati ad unico scopo, è il primo di essi che determina il dies a quo: oltre alla giurisprudenza menzionata dal primo giudice (Cass. 16239 del 2003; 13116 del 2007 e 6305 del 2008), possono menzionarsi anche Cass. 16077 del 2007; 8148 del 2012; 20134 del 2017.

È naturalmente requisito, affinché il termine decorra dal primo atto, che tutti gli atti successivi siano concatenati teleologicamente. Non sarebbe tale il caso di atti autonomi, come ad esempio in chi spogli un diritto di passaggio, con vari manufatti, fra loro non coordinati (è il caso di Cass. 7865 del 1990), in vari periodi (atti di spossessamento periodici ma non teleologicamente unitari).

Il caso di specie è paradigmatico di tale serie teleologica di atti.

La signora Y – e non importa per quale ragione; e non rileva che, quanto meno in relazione alla sentenza della Corte di Bologna, non risulti titolare di un diritto reale minore – ha concordato con FER di verificare se la striscia di terreno di FER potesse essere allargata, occupando una parte del terreno in uso al X. L’insieme di questi atti è iniziato, sotto il profilo possessorio, quando le parti oggi reclamate hanno apposto i picchetti. Non può dubitarsi che tutti i successivi atti siano orientati al medesimo risultato, impossessarsi di una striscia di terra, precedentemente nel possesso del X.

Ciò sotto il profilo teleologico; che non può sensatamente essere messo in dubbio; anche alla luce del complesso dei rapporti fra le parti X e Y.

Il termine decorre dunque dal primo di questi atti, che è il picchettaggio.

Ciò per quanto riguarda il profilo teleologico, cioè la chiara connessione di tutti gli atti; connessione che fa decorrere il termine annuale dal primo di essi.

Pertanto, la azione è stata promossa tardivamente: t.

È poi appena il caso di sottolineare, in via estremamente sintetica, come quell’atto iniziale corrisponda alle caratteristiche, specifiche previste dal codice: 1168, comma terzo, c.c.; 1141, comma secondo, c.c.; 1146, comma secondo, c.c.

Non è spoglio clandestino (1168, comma terzo, c.c.). Infatti, la parte X fu avvisata della attività di ricognizione sul terreno, con raccomandata. Non presenziò ma, evidentemente, a seguito di tale attività, ben poteva avere contezza della picchettatura, a significato univoco. Dunque, non può parlarsi di spoglio clandestino (che impedisce il decorrere del termine annuale ai sensi dell’articolo 1168, comma terzo, c.c.).

Non vi è poi dubbio che, nel momento in cui fu effettuato il picchettamento, vi fu una acquisizione del possesso, originaria, o ad interversione (1141, ultimo comma, c.c.).

In quella sede, evidentemente, lo spossessamento avvenne in favore di FER (che pure aveva concordato il sopralluogo con la parte Y, già interessata alla concessione; nel senso che a seguito del sopralluogo del giugno 2016, divenne possessore FER). Successivamente, con la concessione (del maggio 2017, salvo errori), vi fu accessione ai sensi del secondo comma dell’articolo 1146 c.c.; accessione del possesso di FER a Y.

In ogni caso, data la natura collegata di tutti gli atti, è trascorso un anno, rispetto allo spossessamento.

Le spese seguono la soccombenza anche in questo grado.

P.Q.M.

1. RESPINGE il reclamo.

2. CONFERMA in ogni sua parte la impugnata ordinanza.

3. CONDANNA parte reclamante al pagamento delle spese di questa fase di reclamo, in favore di parte Y; spese di lite che si liquidano in € 2.000,00 per compensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che immediatamente precede. Infine, IVA e Cassa professionale.

4. CONDANNA parte reclamante al pagamento delle spese di questa fase di reclamo, in favore di parte FERROVIE EMILIA ROMAGNA s.r.l., nella misura di € 1.200,00 per compensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che immediatamente precede. Infine, IVA e Cassa professionale.

5. DICHIARA che il presente procedimento comporta soccombenza integrale in secondo grado, con conseguente esazione di contributo unificato in misura doppia.

6. SI COMUNICHI.

Bologna, all’esito della udienza indicata sopra, del giorno 10 luglio 2018. Segue il deposito di cancelleria.

[seguono sottoscrizioni su pagina 11]

Segue Ordinanza Collegiale R.G. 8038/2018.

IL RELATORE
dott. Marco D’Orazi

IL PRESIDENTE
dott.ssa Elisabetta Candidi Tommasi

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2018.