La Corte Costituzionale conferma l’esclusione (sentenza 139/2025)
Introduzione
Con la sentenza n. 139/2025, la Corte Costituzionale ha affrontato il tema dei reati ostativi e dell’applicabilità delle pene sostitutive introdotte dalla riforma Cartabia. La Consulta ha confermato l’esclusione di queste misure per i reati di particolare gravità, riaffermando al tempo stesso il principio costituzionale della funzione rieducativa della pena.
Il caso all’origine della pronuncia
La questione nasce da un procedimento davanti al GUP di Firenze, relativo a un reato di violenza sessuale. L’imputato aveva chiesto l’applicazione della pena sostitutiva della detenzione breve prevista dalla riforma Cartabia, ma la norma escludeva questa possibilità per i reati ostativi.
Il GUP e successivamente la Corte d’Appello di Firenze hanno sollevato questione di legittimità costituzionale, richiamando i principi di uguaglianza (art. 3 Cost.), personalizzazione della pena e finalità rieducativa (art. 27, comma 3, Cost.).

La decisione della Corte Costituzionale
La Consulta ha respinto le censure, sottolineando che:
-
il legislatore ha ampia discrezionalità nel decidere per quali reati consentire pene sostitutive;
-
l’esclusione per i reati ostativi è giustificata dalla loro gravità e dall’allarme sociale che comportano;
-
non si viola il principio di uguaglianza, poiché i condannati per reati ostativi si trovano in una condizione oggettivamente diversa;
-
non è leso neppure il principio di rieducazione, poiché la Costituzione non impone pene alternative, ma solo che l’esecuzione della pena detentiva rispetti la dignità umana e favorisca il reinserimento.
Il monito della Corte
Pur confermando la legittimità della norma, la Corte Costituzionale ha ricordato che anche chi sconta pene per reati ostativi deve avere un percorso detentivo conforme ai principi costituzionali. Le condizioni del carcere devono quindi essere:
-
umane,
-
proporzionate,
-
idonee a garantire la funzione rieducativa.
Un richiamo importante, soprattutto considerando il problema del sovraffollamento carcerario e le difficoltà strutturali delle carceri italiane.
Conclusioni
In definitiva, la sentenza in esame conferma la legittimità dell’attuale assetto normativo, che esclude l’applicazione delle pene sostitutive per i reati ostativi, ma riafferma con forza che nessuna esclusione può tradursi in una pena disumana, afflittiva o irragionevole.
L’equilibrio tra prevenzione, punizione e rieducazione deve restare il fondamento del sistema penale: anche chi è condannato per reati gravi ha diritto a un’esecuzione della pena che non dimentichi la sua dignità e la possibilità di cambiamento.
3. FAQ
Cosa sono i reati ostativi?
Sono reati di particolare gravità – come mafia, terrorismo, violenza sessuale e tratta di esseri umani – per i quali la legge limita o esclude benefici e misure alternative, compreso l’accesso alle pene sostitutive.
Cosa ha deciso la Corte Costituzionale con la sentenza 139/2025?
La Corte ha confermato che le pene sostitutive non si applicano ai reati ostativi, ma ha anche ribadito che la detenzione deve sempre rispettare la dignità umana e la funzione rieducativa della pena.
Le pene sostitutive valgono per tutti i reati?
No. La riforma Cartabia prevede pene alternative alla detenzione breve, ma non per i reati ostativi, proprio per la loro gravità.
La rieducazione è garantita anche in carcere per i reati ostativi?
Sì. La Corte Costituzionale ha sottolineato che anche chi è condannato per reati ostativi deve avere un trattamento detentivo conforme ai valori costituzionali, orientato alla dignità e al reinserimento.
Forse ti può interessare quest’altro articolo sulle I diritti della convivenza di fatto rispetto al matrimonio.