Introduzione

Il reato di guida in stato di ebbrezza rappresenta un paradigma della disciplina penale della circolazione: da un lato, si fonda sul principio della massima tutela della sicurezza stradale; dall’altro, è soggetto a numerosi problemi tecnici, probatori e processuali che rendono essenziale un approccio difensivo qualificato. Di seguito si propone un’analisi delle principali questioni operative, corredata da massime giurisprudenziali recenti.

guida in stato di ebbrezza

Inquadramento normativo

La disciplina di riferimento è l’art. 186 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada). La norma distingue tre fasce di tasso alcolemico rilevante:

  • 0,5 < tasso ≤ 0,8 g/l → illecito amministrativo (per il conducente “ordinario”);

  • 0,8 < tasso ≤ 1,5 g/l → reato contravvenzionale (comma 2 lett. b) e seguenti);

  • tasso > 1,5 g/l → ipotesi aggravata (comma 2 lett. c) e seguenti).

Si considera altresì che per neopatentati, conducenti professionali o soggetti di età inferiore a 21 anni vige un regime di tolleranza zero: anche valori sotto 0,5 g/l sono sanzionabili (cfr. art. 186-bis CdS e seguenti).

Inoltre, il rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcolemico è previsto come fattispecie autonoma, con le stesse pene applicabili al superamento della soglia più elevata (> 1,5 g/l) (art. 186, co. 7 CdS).

Accanto alle sanzioni penali (ammenda, arresto), la legge prevede sanzioni accessorie: sospensione della patente, confisca o revoca della patente, confisca del veicolo (ove di proprietà), nonché la possibilità – in determinati casi – di definizione alternativa del processo mediante lavori di pubblica utilità (art. 186, co. 9-bis) o messa alla prova (art. 168-bis c.p.).

La prova dello stato di ebbrezza: questioni critiche

Accertamento strumentale e vizi formali

L’accertamento tecnico (etilometro o esami ematici) rappresenta lo strumento preferenziale per stabilire il tasso alcolemico. Tuttavia, la sua efficacia probatoria è condizionata al rispetto rigoroso delle procedure, fra cui:

  • taratura e certificazione periodica dell’apparecchio;

  • doppia misurazione a distanza di almeno 5 minuti;

  • documentazione completa;

  • informazione al conducente circa i suoi diritti;

  • rispetto delle modalità di somministrazione e aspirazione.

Eventuali vizi o omissioni possono portare all’inutilizzabilità del risultato (nullità o esclusione).

La giurisprudenza ha affermato che l’intervallo temporale tra la guida e l’effettuazione del test non invalida l’accertamento se compensato da altri elementi indiziari:

“in caso di decorso di un intervallo di tempo … è necessaria l’indicazione di altri elementi indiziari dello stato di ebbrezza” (Cass. Sez. IV, n. 7882/2023)

Circostanze sintomatiche e libero convincimento

Il reato di guida in stato di ebbrezza non è esclusivamente ancorato all’esame tecnico. Anche in caso di rifiuto dell’alcoltest, il giudice può formare il libero convincimento sulla base delle circostanze sintomatiche (alito vinoso, alterazione dell’andatura, linguaggio sconnesso, difficoltà motorie).

La Cassazione ha fatto storia in materia, affermando che tali elementi sintomatici restano utili anche dopo le modifiche legislative:

“il giudice può formare il suo libero convincimento anche sulla base delle sole circostanze sintomatiche … a prescindere, quindi, dall’accertamento tecnico” (Cass. 15 maggio 2008, n. 19486)

Tuttavia, l’uso di tali elementi sintomatici richiede motivazione adeguata e non può sostituire completamente un accertamento tecnico in casi in cui esso era possibile ed eseguibile.
([Keyword integrate: “rifiuto dell’alcoltest”, “Cassazione” — nel rispetto del testo originario])

Veicolo fermo e nozione di “guida”

Una questione controversa riguarda la configurabilità del reato quando il veicolo è fermo al momento del controllo. La giurisprudenza prevalente ha interpretato che la “fermata” costituisca fase della circolazione, e quindi l’accertamento può legittimamente essere operato anche su veicolo fermo:

“la circostanza che il conducente sia fermo od in movimento non rileva: […] la ‘fermata’ costituisce una fase della circolazione” (Cass. Sez. IV, n. 45514/2013)

In tale contesto, è onere della difesa contestare l’accertamento alcolemico mediante allegazione precisa di vizi strumentali o procedurali.

Strumenti deflattivi e opzioni difensive

Lavori di pubblica utilità (art. 186, co. 9-bis CdS)

Questa alternativa alla pena mira a favorire l’estinzione del reato con la prestazione di una attività non retribuita. I vantaggi consistono in:

  • estinzione del reato al termine dell’attività;

  • riduzione della sanzione accessoria (sospensione patente ridotta alla metà);

  • eventuale revoca della confisca disposta (se non ancora eseguita).

Il ricorso a questa opzione è particolarmente indicato nei casi in cui il tasso alcolemico rientri nella fascia penale intermedia (0,8–1,5 g/l), in assenza di sinistri, recidiva o gravi aggravanti.
([Keyword integrate: “lavori di pubblica utilità”, “sospensione patente” — coerenti col testo originario])

Messa alla prova (art. 168-bis c.p.)

È uno strumento che consente al giudice di sospendere il procedimento provvisorio e impiegare il soggetto in un percorso di socialità (prestazioni, terapie, attività). Se l’esperimento ha esito positivo, il reato si estingue e non rimane alcuna condanna. È praticata con maggiore facilità in casi di imputati incensurati e senza eventi lesivi.

La scelta fra lavori di pubblica utilità e messa alla prova deve essere calibrata in base al profilo soggettivo dell’imputato, alle caratteristiche del caso e al rischio probatorio.

Conclusione

Il reato di guida in stato di ebbrezza combina un elevato grado di rischio sociale con una forte tecnicità probatoria. La strategia difensiva deve agire fin dalle fasi preliminari, con attenzione alla regolarità dell’accertamento tecnico (incluso l’uso corretto dell’etilometro e delle procedure su tasso alcolemico), all’uso proporzionale delle circostanze sintomatiche, e alla selezione degli strumenti deflattivi più idonei (lavori di pubblica utilità o messa alla prova), con valutazione delle sanzioni accessorie come la sospensione della patente.

FAQ

Cosa prevede l’art. 186 del Codice della Strada sulla guida in stato di ebbrezza?

L’articolo 186 stabilisce tre fasce di tasso alcolemico: da 0,5 a 0,8 g/l (illecito amministrativo), da 0,8 a 1,5 g/l (reato contravvenzionale) e oltre 1,5 g/l (ipotesi aggravata). Sono previste ammenda, arresto e sanzioni accessorie come la sospensione o revoca della patente.

Quando il test con l’etilometro è valido come prova?

Il risultato è valido solo se l’etilometro è correttamente tarato, se vengono effettuate due misurazioni a distanza di almeno cinque minuti e se il conducente è informato dei propri diritti. In caso contrario, la difesa può eccepire l’inutilizzabilità della prova.

È reato rifiutarsi di fare l’alcoltest?

Sì. Il rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcolemico costituisce un reato autonomo, punito con le stesse pene previste per chi supera il tasso di 1,5 g/l.
(art. 186, comma 7, Codice della Strada)

Qual è la differenza tra lavori di pubblica utilità e messa alla prova?

I lavori di pubblica utilità sono una sanzione sostitutiva della pena: consentono l’estinzione del reato e riducono la sospensione della patente.
La messa alla prova sospende il processo e, in caso di esito positivo, estingue il reato senza condanna. Entrambe mirano al recupero sociale dell’imputato.

Si può essere accusati di guida in stato di ebbrezza anche se l’auto è ferma?

Sì. Secondo la Cassazione, la fermata rientra nel concetto di circolazione. Pertanto, il reato può configurarsi anche se il veicolo è fermo, purché vi siano elementi sintomatici dello stato di ebbrezza (Cass. Sez. IV, n. 45514/2013).

Quali sono le strategie difensive più efficaci?

La difesa deve verificare la regolarità dell’accertamento tecnico, la taratura dell’etilometro e la correttezza delle procedure. Nei casi meno gravi, è possibile chiedere lavori di pubblica utilità o messa alla prova, che possono portare all’estinzione del reato.