Assegno postdatato. Emissione, incasso, sanzioni e obblighi.

Spesso ci vengono poste alcune domande sugli assegni postdatati per esempio: “Posso emettere un assegno che il mio creditore potrà incassare solo dopo una data futura?” oppure: “Posso incassare un assegno che il mio debitore mi ha consegnato in anticipo?”

Quando si riceve un pagamento con assegno, questo va presentato alla banca (del debitore -c.d. banca trattaria-, oppure anche del creditore c.d. banca negoziatrice) a partire dalla data indicata sull’assegno stesso come data di emissione. L’assegno va incassato comunque entro 8 giorni dalla data di emissione se il luogo del pagamento è situato nello stesso Comune o entro 15 giorni se il luogo del pagamento è situato altrove.

Termini differenti valgono per l’incasso di un assegno internazionale.

La legge tollera la presentazione e l’incasso anticipato dell’assegno, e cioè prima della data formale successiva già indicata quale data di emissione.

In tale circostanza infatti l’assegno viene pagato nel giorno stesso di presentazione previa “regolarizzazione” del titolo.

L’appena descritta procedura è disposta testualmente dagli articoli 31 e 32 del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736 (cd. ‘Legge sull’Assegno’), e in particolare l’art. 31 stabilisce appunto che l’assegno è pagabile solamente a vista e cioè tramite sua esibizione alla banca da parte del creditore portatore.

La procedura di “regolarizzazione” del titolo consiste nel pagamento al fisco della tassa di bollo stabilita per le cambiali che è pari al 12 per mille dell’importo dell’assegno postdatato.

Inoltre, al fine di scoraggiare l’utilizzo di assegni postdatati, la legge prevede anche una sanzione pari al doppio del valore del bollo da applicare all’assegno postdatato (diventato a questo punto regolarizzato).

Ad esempio, se l’assegno postdatato è stato emesso per un importo di € 20.000 il bollo sarà di € 240 (12‰ di 20.000) e la sanzione sarà invece pari a € 480 (24‰ di 20.000).

Occorre evidenziare che tutte le spese per la regolarizzazione dell’assegno postdatato dovranno essere sostenute dal creditore che procede all’incasso (anche questo ne disincentiva l’uso).

La legge (che in precedenza vietava espressamente l’emissione di assegni post datati) dispone questa procedura penalizzante perché di fatto le parti hanno utilizzato in modo improprio l’assegno bancario.

Infatti se viene emesso un assegno postdatato, le parti di fatto utilizzano come garanzia uno strumento previsto dalla normativa come mezzo di pagamento.

In altre parole le parti anziché utilizzare lo strumento della cambiale (per la cui regolarità è necessario l’immediato pagamento degli oneri fiscali sopra previsti) utilizzano l’assegno bancario (che, se incassato nella data successiva indicata sul titolo, non comporta il pagamento di oneri fiscali).

Di qui i maggiori costi nel caso in cui il creditore intenda procedere all’immediato incasso dell’assegno postdatato (con il rischio, ulteriore, di vederselo non pagato per difetto di provvista, posto che il debitore ne attende l’incasso alla data successiva convenuta al momento dell’emissione).

A ciò si aggiunga che la Corte di Cassazione ha ribadito più volte (ad esempio Cass. Civ. 5069/2010) che l’assegno postdato, anche se regolarizzato, non vale come titolo esecutivo.

Pertanto nel caso in cui il debitore non abbia fornito la provvista necessaria al pagamento, il creditore non potrà agire immediatamente in via esecutiva (come accade in caso di protesto di assegno o di cambiale regolari ab origine da un punto di vista fiscale, ma dovrà munirsi di un titolo esecutivo di formazione giudiziale (impiegando ulteriori tempo e denaro).

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