La differenza di tutele per il deposito cauzionale e la caparra confirmatoria nella giurisprudenza recente della corte di cassazione

Accade di frequente che al momento della sottoscrizione di una proposta di acquisto venga consegnato al mediatore un assegno bancario da parte del proponente con l’incarico di consegnarlo al proprietario in caso di accettazione.

La giurisprudenza si è occupata di recente dei problemi che possono insorgere sulla qualificazione giuridica da attribuire alla dazione di detto assegno e al successivo incasso.

In particolare la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3596 del 2024 ha stabilito in quali circostanze la dazione dell’assegno configuri una caparra confirmatoria e quando un deposito cauzionale con tutte le conseguenze sul diritto al risarcimento del danno nel caso in cui il contratto di compravendita non venga concluso per l’inadempimento di una delle parti.

La differenza di tutele per il deposito cauzionale e la caparra confirmatoria nella giurisprudenza recente della corte di cassazione

Caparra confirmatoria

Se l’assegno bancario, qualificato come caparra confirmatoria nella proposta di acquisto, viene intestato al proprietario e questo, dopo avere accettato la proposta lo incassa ci si trova senza alcun dubbio all’interno della previsione del codice civile che all’art. 1385 prevede: “Se al momento della conclusione del contratto una parte da’ all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta”.
E’ altrettanto evidente che, in caso di inadempimento di una delle parti alle obbligazioni sorte con il contratto preliminare troverà applicazione il secondo comma dell’art. 1385 del codice civile: “Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra”.

L’entità del danno non deve essere provata dalla parte adempiente, ma è stabilita ex lege. Non sempre nella quotidianità i fatti sono così chiari.

Deposito cauzionale

Ecco, quindi, che se l’assegno viene intestato al mediatore o viene espressamente qualificato come “deposito cauzionale” la normativa di cui sopra potrebbe non trovare applicazione.
In tale caso, a fronte di un grave inadempimento, la parte che non è inadempiente potrà chiedere la risoluzione del contratto, ma non potrà avvalersi delle disposizioni relative alla caparra confirmatoria e il risarcimento del danno sarà regolato dalle norme generali.
Vale a dire che il danno (e il relativo quantum) sarà risarcito se e nella misura in cui il danneggiato ne fornisca prova al Giudice.

Nel caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione il mediatore aveva ricevuto un assegno bancario a sé intestato, qualificato come deposito cauzionale da scomputarsi al momento del pagamento del prezzo di vendita.
L’assegno era stato incassato (e, probabilmente, la somma era stata, successivamente trasferita al promittente venditore) ma il contratto definitivo non era stato stipulato per colpa del promittente venditore.

L’iter giudiziario intrapreso dal promissario acquirente per vedersi pagato il doppio della caparra (rectius della somma che era stata qualificata come deposito cauzionale) si era svolto con decisioni alterne: il Tribunale aveva accolto la domanda totalmente e la Corte d’Appello aveva disposto soltanto la restituzione di quanto incassato dal mediatore (e, poi versato, al promittente venditore).

La Corte di Cassazione, non condividendo le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado, ha cercato di fare chiarezza con una motivazione esaustiva.
Innanzitutto ha stabilito che le modalità concrete della dazione dell’assegno bancario (qualificato come deposito cauzionale e intestato al mediatore) non potevano configurare una caparra confirmatoria.

Di conseguenza il promissario acquirente avrebbe avuto diritto alla restituzione del deposito cauzionale, ma avrebbe dovuto dare prova dell’esistenza di un danno e del relativo quantum per ottenerne il risarcimento da parte del promittente venditore (e questo nel caso in esame non era accaduto).
Nella seconda parte della sentenza, la Corte di Cassazione ha, altresì, stabilito l’infondatezza della domanda restitutoria del deposito cauzionale formulata nei confronti del promittente venditore.

Infatti laddove l’assegno bancario sia stato intestato al mediatore il proponente l’acquisto avrà l’onere di agire in giudizio contro quest’ultimo, non potendo rivalersi in alcun modo nei confronti del promittente venditore.
Solo ove vi fosse stato uno specifico mandato all’incasso ovvero il conferimento di un espresso potere rappresentativo, dell’azione di ripetizione avrebbe dovuto rispondere il mandante o il rappresentato.

Ed invero, ex latere accipientis, l’azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. deve essere rivolta all’effettivo accipiens, essendo inconferente la prova del materiale trasferimento delle somme dal mandatario all’incasso al creditore mandante.
Nel caso in esame non ci sono elementi di collegamento che consentano di ritenere che, a fronte del dato pacifico del versamento di tale somma mediante assegno bancario intestato all’agenzia di mediazione, a titolo di deposito cauzionale da computare nel prezzo del rogito definitivo, la pretesa di ripetizione dovesse essere esercitata verso il promittente alienante.
Pertanto, rispetto all’azione di ripetizione di indebito oggettivo è passivamente legittimato solo il soggetto che ha ricevuto la somma che si assume essere non dovuta, come si evince dalla formulazione letterale dell’art. 2033 c.c..

La sentenza delle Corte di Cassazione

La sentenza sopra citata delle Corte di Cassazione, Seconda sezione civile ha affermato il seguente principio di diritto: “Nel caso di deposito cauzionale di una somma di denaro, collegato alla stipulazione di un preliminare di vendita, effettuato dal promissario acquirente in favore dell’agenzia di mediazione, senza che possa in alcun modo desumersi che essa abbia agito in rappresentanza del promittente alienante, l’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo in ordine alla somma versata, di cui si rivendichi la restituzione, deve essere proposta verso l’agenzia di mediazione e non verso il promittente alienante, privo di legittimazione passiva”.
L’esito finale è stato il rigetto delle pretese formulate dal promissario acquirente nei confronti del promittente alienante, fatta salva la possibilità per il primo di agire nei confronti del mediatore per ottenere la restituzione di quanto incassato.

Questa vicenda è stata utile perché ha introdotto elementi di chiarezza ai quali i mediatori immobiliari potranno fare riferimento nella propria attività quotidiana, specialmente al momento di informare le parti interessate all’acquisto circa le differenti tutele loro spettanti a seconda della scelta di qualificare i pagamenti antecedenti il contratto definitivo come deposito cauzionale oppure come caparra confirmatoria.

Infine i mediatori immobiliari potranno valutare con altrettanta chiarezza i rischi, la responsabilità e i vantaggi di vedersi intestato l’assegno bancario che normalmente viene consegnato loro dal promissario acquirente per il promittente venditore.