La libertà del condomino è limitata

Il Codice civile stabilisce la libertà del singolo condomino nell’uso individuale della cosa comune e nella possibilità di apportarvi modifiche (vedi art. 1102), ma tale libertà è limitata e condizionata da quanto disposto nei successivi artt. 1120 e 1122 c.c..

Pertanto le modificazioni di un bene condominiale, per iniziativa del singolo condomino, sono lecite quando, oltre a non compromettere la stabilità, la sicurezza ed il decoro architettonico ed a non alterare la destinazione del bene, non sono lesive dei diritti degli altri condomini relativi al godimento sia delle parti comuni interessate alla modificazione, sia delle parti di loro proprietà.

Ove siano rispettose di tali limitazioni le modificazioni sono consentite anche senza approvazione assembleare. Rientrano in tali categorie le opere sulla proprietà comune attuate in corrispondenza del piano (o porzione di piano) di proprietà esclusiva. Tra queste ultime, sono espressamente vietate quelle opere che potrebbero arrecare danno alle parti comuni dell’edificio.

Apertura di una porta in un muro condominiale
L’apertura di porte nel muro condominiale è lecita se…

In linea generale si può quindi affermare che l’apertura di varchi nel muro perimetrale del condominio, da parte di un comproprietario, è legittima quando non influisca sulla statica del fabbricato condominiale compromettendone la stabilità; non pregiudichi la sicurezza e il decoro architettonico dell’edificio; non alteri la destinazione del bene; non possa dar luogo alla costituzione di una servitù a favore di terzi estranei al condominio.

La Giurisprudenza ha stabilito che “il principio della comproprietà dell’intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso (anche se muro maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini (e, quindi, a procedere anche all’apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprietà esclusiva), a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell’esercizio dell’uso del muro – ovvero la facoltà di utilizzarlo in modo e misura analoghi – e di non alterarne la normale destinazione”. (Cass. civ. Sez. II, 18-02-1998, n. 1708).

Tale decisione si pone nel solco di quella precedente che in tema di utilizzazione del muro perimetrale dell’edificio condominiale da parte del singolo condomino, riteneva consentita l’apertura praticata quando serve a mettere in collegamento locali facenti parte di uno stesso condominio.

Al contrario, secondo la Corte di Cassazione, “costituiscono uso indebito della cosa comune, alla stregua dei criteri indicati negli artt. 1102 e 1122 c.c., le aperture praticate dal condomino nel detto muro per mettere in collegamento locali di sua esclusiva proprietà, esistenti nell’edificio condominiale, con altro immobile estraneo al condominio, in quanto tali aperture alterano la destinazione del muro, incidendo sulla sua funzione di recinzione, e possono dar luogo all’acquisto di una servitù (di passaggio) a carico della proprietà condominiale” (Cass., 13 gennaio 1995, n. 360; 7 marzo 1992, n. 2273; 25 ottobre 1988, n. 5780”).

E ancora: “In tema di condominio negli edifici, l’apertura di un varco nel muro perimetrale per esigenze del singolo condomino è consentita, quale uso più intenso del bene comune, con eccezione del caso in cui tale varco metta in comunicazione l’appartamento del condomino con altra unità immobiliare attigua, pur di proprietà del medesimo, ricompresa in un diverso edificio condominiale, poiché in questo caso il collegamento tra unità abitative determina la creazione di una servitù a carico di fondazioni e struttura del fabbricato; in quest’ultima ipotesi, peraltro, affinché il comportamento illecito del condomino determini un danno risarcibile, occorre la prova di un concreto pregiudizio economico, la cui verificazione, in assenza di un’effettiva dimostrazione, può ritenersi solo possibile o probabile.” Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2009 e più recentemente, Cass. 15 maggio 2014 n. 10606).

Parimenti deve considerarsi non consentita l’apertura che metta in comunicazione la proprietà esclusiva di un condomino con la pubblica strada: “giacché la modificazione dei luoghi, sottraendo il muro alla destinazione di recinzione e protezione dell’edificio, impediva agli altri condomini di ricavarne l’utilità inerente alla funzione della cosa comune”. Cass. civ. Sez. II, 05-08-2005, n. 16496.

Visti i pronunciamenti della Corte di Cassazione, si conclude…

In definitiva: l’apertura di un varco sul muro comune che non crei problemi di stabilità e alterazioni del decoro né ponga le basi per l’instaurazione di una servitù dev’essere considerata pienamente legittima.

Per quanto riguarda la chiusura l’apertura o l’allargamento delle finestre (che siano regolari secondo il regolamento edilizio del Comune) si applicano le stesse norme di cui sopra con l’avvertenza di verificare se il regolamento di condominio (di natura contrattuale) vieta espressamente di intraprendere opere esterne che modifichino l’architettura e l’estetica del fabbricato (nel qual caso, non si può, a meno di ottenere l’autorizzazione da tutti gli altri condomini.

Negli altri casi si reputano, in linea di principio, legittimi gli interventi sul muro comune, come l’apertura di una finestra o di vedute, l’ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti, la trasformazione di finestre in balconi, ecc. Tali opere, infatti, non incidono sulla destinazione del muro, bene comune ai sensi dell’art. 1117 c. c., e sono l’espressione del legittimo uso delle parti comuni ai sensi dell’art. 1102 c.c che non richiede alcuna autorizzazione da parte dell’assemblea di condominio.

E’ ovvio che nell’esercizio di tale uso, vanno rispettati i limiti contenuti nella norma citata, consistenti nel non pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell’edificio, nel non menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori, nel non impedire l’esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri condomini, nel non alterare la destinazione a cui il bene è preposto e nel rispettare i divieti di cui all’art. 1120 c.c. (pregiudizio alla stabilità e sicurezza del fabbricato, pregiudizio al decoro architettonico o rendere alcune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino).

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